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Corte di Cassazione, sentenza del 14 maggio 2025 n.12953. Onere della prova dell'esistenza del contratto di conto corrente

Corte di Cassazione, ordinanza del 14 maggio 2025 n.12953

La Corte di Cassazione, con la sentenza del 14 maggio 2025 n.12953, esamina il caso di domanda di ripetizione delle somme indebitamente percepite dalla banca in relazione all'intercorso rapporto di conto corrente a titolo di interessi ultralegali, interessi anatocistici, commissione di massimo scoperto et similia.

Può accadere che, se il debitore non è in grado di produrre il contratto di conto corrente e, così, l'esistenza di clausole abusive, perché la banca non gliene abbia rilasciato copia o perché egli versi nell'impossibilità di procurarsela altrimenti a mezzo della richiesta di cui all'art. 119 TUB o di esibizione ai sensi dell'art. 210 cod. proc. civ., non possa assolvere l'onere probatorio che gli compete ordinariamente. Tuttavia non è scontato il rigetto della domanda perchè  si possono infatti configurare due alternative, entrambe riconnesse all'allegazione attorea circa il fatto che il contratto sarebbe stato concluso verbis tantum o per facta concludentia. E' possibile, in pratica, che quest'ultima allegazione sia incontroversa tra le parti, ed allora il giudice deve dare senz'altro atto dell'integrale nullità del negozio e, quindi, anche dell'assenza di clausole che giustifichino, ad esempio, l'applicazione degli interessi ultralegali e della commissione di massimo scoperto. Ma è possibile, pure, che la domanda basata sul mancato perfezionamento del contratto nella forma scritta sia contrastata dalla banca (che quindi sostenga la valida conclusione, in quella forma, del negozio): e in tale seconda ipotesi non può gravarsi il correntista, attore in giudizio, della prova negativa della documentazione dell'accordo, incombendo semmai alla banca convenuta di darne positivo riscontro (così in motivazione, ex plurimis, Cass., Sez. I, )9/03/2021, n. 6480) .